Malattie genetiche rare: esperti, pazienti e Istituzioni a confronto sulle necessità più urgenti
Comunicato Stampa | 5 novembre 2024
Malattie genetiche rare: esperti, pazienti e Istituzioni a confronto sulle necessità più urgenti
Nicola Ticozzi (SIN): “Le patologie neurologiche rare sono un paradigma, necessario coordinare sforzi per stare al passo con il progresso della ricerca”
Roma – Potenziare programmi di formazione per i medici coinvolti nel patient journey delle patologie rare neuromuscolari e neurodegenerative quali l’atrofia muscolare spinale (SMA), la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e l’atassia di Friedreich (AF), al fine di aumentare la sensibilità alla precoce identificazione dei segni e sintomi e accelerare la diagnosi e la presa in carico dei pazienti da parte di centri specializzati. Dotare il territorio nazionale di infrastrutture e percorsi adeguati e omogenei ai fini dell’esecuzione dei test genetici per le patologie rare neuromuscolari, anche attraverso un’attenta mappatura dei laboratori e dei dipartimenti di genetica medica, per garantire ai pazienti e alle loro famiglie una capillarità ed equità di accesso, sia sul piano della diagnostica che della consulenza genetica. Collaborare, insieme alle associazioni dei pazienti e ai clinici, alla costruzione di Piani Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) nazionali e regionali per le patologie rare neuromuscolari che possano tracciare percorsi definiti per professionisti, pazienti e caregiver, garantendo standard uniformi di assistenza. Strutturare la transizione dal setting pediatrico a quello dell’adulto, immaginando protocolli ad hoc. Rendere lo Screening Neonatale uniforme su tutto il territorio nazionale, ma anche accelerare l’iter parlamentare e l’approvazione della legge sul caregiver familiare, figura quanto mai cruciale nell’assistenza di persone con malattie rare neuromuscolari e neurodegenerative. Sono alcune delle istanze emerse nel corso dell’evento “Il percorso della rarità: dalle sfide alle soluzioni”, organizzato da Biogen Italia con la media partnership di OMaR – Osservatorio Malattie Rare e tenutosi oggi presso la Sala del Camino di Palazzo Baldassini a Roma.
L’incontro si è strutturato in tre tavole rotonde: un dibattito che, a partire dalle specificità di patologie rare neuromuscolari e neurodegenerative come SMA, SLA e atassia di Friedreich, ha voluto far emergere necessità comuni legate al mondo delle patologie rare e alle aree su cui è prioritario un intervento delle Istituzioni.
“In Biogen crediamo che il nostro ruolo come azienda debba andare oltre l’ambito della ricerca medico-scientifica e dello sviluppo di soluzioni terapeutiche”, ha dichiarato Giuseppe Banfi, AD di Biogen Italia. “Da questa premessa nasce l’incontro di oggi, che vuole essere un momento di ascolto delle istanze di pazienti e clinici e di confronto con le Istituzioni, affinché possano scaturire proposte concrete per migliorare la diagnosi e la presa in carico delle persone che convivono con una malattia neurologica rara. Il progresso della scienza deve necessariamente essere accompagnato da un’evoluzione dei modelli di presa in carico e gestione di queste patologie, in cui si rilevano ancora oggi dei gap, dalla diagnosi complessa e spesso tardiva, alla necessità di strutturare percorsi uniformi di presa in carico. Biogen, con il suo crescente e solido impegno nel mondo delle patologie rare e in linea con il suo storico approccio ‘di sistema’, vuole continuare a essere promotrice di questo dialogo costruttivo tra tutti gli attori, per contribuire a un miglioramento complessivo della vita di queste persone”.
“Le patologie rare di origine neuromuscolare e neurodegenerativa rappresentano un paradigma nel panorama delle malattie rare, poiché la gran parte di queste condizioni ha un decorso cronico e richiede spesso un approccio multidisciplinare: in questo contesto, il neurologo ha un ruolo centrale nel coordinare la presa in carico e supportare i pazienti e le loro famiglie nel complesso percorso diagnostico e terapeutico”, ha affermato Nicola Ticozzi, Direttore U.O. Neurologia, IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Università degli Studi di Milano e Coordinatore GdS Malattie del Motoneurone della SIN – Società Italiana di Neurologia. “Negli ultimi anni, le malattie rare neurologiche sono state oggetto di crescente attenzione da parte della comunità scientifica e, di fronte agli straordinari progressi della ricerca e della diagnostica, è quanto mai urgente condividere le informazioni e le best practice, facendo network tra i centri specializzati, i medici e i ricercatori, le società scientifiche e le associazioni dei pazienti, dialogando con le Istituzioni al fine di colmare i gap infrastrutturali, garantire al paziente una presa in carico adeguata e omogenea e assicurare equità nell’accesso all’informazione e alle possibilità terapeutiche”.
SOSPETTO DIAGNOSTICO: DAI SINTOMI “SPIA” AL CORRETTO REFERRAL. L’ESEMPIO DELL’ATASSIA DI FRIEDREICH
L’atassia di Friedreich (AF) è una malattia rara caratterizzata da processi neurodegenerativi che coinvolgono più organi e apparati e che si manifesta progressivamente con una compromissione dell’equilibrio e della coordinazione dei movimenti, la diminuzione della forza muscolare e della sensibilità, difficoltà ad articolare la parola, perdita dell’udito, problemi cardiaci (tra i quali la cardiomiopatia ipertrofica), diabete e scoliosi. È la più frequente fra le sindromi atassiche ereditarie e può manifestarsi fin dall’età pediatrica o in adolescenza con un’improvvisa instabilità del cammino e cadute frequenti, rendendo difficile per i pediatri e i medici di medicina generale l’identificazione precoce della malattia, che spesso viene confusa con altre sindromi. Per questo, la velocità del referral presso il neurologo e la diagnosi, che attualmente si ottiene dopo circa tre anni dalla comparsa dei sintomi attraverso test molecolari che individuano le alterazioni genetiche, sono fondamentali per la tempestiva presa in carico del paziente e per gli sviluppi futuri della patologia e impatto sulla qualità della vita.
“Ribadiamo con forza la necessità di rafforzare l’expertise dei pediatri, dei medici di medicina generale e degli specialisti coinvolti nel patient journey dell’atassia per renderli più pronti al sospetto diagnostico e accelerare così il referral al neurologo e, di conseguenza, la diagnosi”, ha commentato Carlo Rossetti, Presidente Onorario, Responsabile Rapporti Istituzionali e Federativi presso AISA ODV – Associazione Italiana per la Lotta alle Sindromi Atassiche. “Sul fronte della presa in carico, poi, un aspetto molto sentito dai pazienti con atassia è quello della fisioterapia, rispetto a cui sono due le esigenze più cogenti. Da una parte, avremmo bisogno che venisse modificato il riconoscimento della nostra patologia, definita cronica, perché solo in questo modo potremmo avere accesso continuo alla riabilitazione fisioterapica e anche alla logopedia. Dall’altra parte, occorrerebbe mappare, sistematizzare e uniformare su scala nazionale i servizi di fisioterapia, oggi ancora subordinati a un’offerta che varia da Regione a Regione o anche da un distretto sanitario all’altro, senza dimenticare la forte presenza di strutture private su cui non sempre è possibile garantire un rigoroso controllo della qualità del servizio offerto”.
L’ACCESSO ALLA DIAGNOSI: DAL TESTING E COUNSELING GENETICO ALLA PRESA IN CARICO MULTIDISCIPLINARE. IL MODELLO DELLA SLA
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, ovvero le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale responsabili dei movimenti volontari. I primi segni della malattia si manifestano quando la progressiva perdita dei motoneuroni supera la capacità di compensazione dei neuroni rimanenti, portando a una paralisi progressiva. Grazie ai progressi nella gestione clinica e all’intervento tempestivo, è possibile trattare precocemente i deficit respiratori e nutrizionali, migliorando così la qualità di vita dei pazienti. La SLA colpisce prevalentemente persone adulte. Ad oggi, non esiste ancora una cura per prevenire o bloccare questa malattia fatale. In questi anni, sono stati scoperti più di 30 geni che agiscono come fattore di rischio per la SLA. Quelli più noti sono: il gene SOD1, le cui mutazioni sono identificate in circa il 20% delle forme familiari e nell’1-2% di quelle sporadiche; il gene TARDBP, le cui mutazioni sono presenti solo nel 3% delle forme familiari e nell’1-2% di quelle sporadiche; il gene C9orf72, le cui mutazioni sono ad oggi le più rappresentate sia nella SLA familiare (40%) che in quella sporadica (4-7%), oltre che in alcuni pazienti affetti da demenza frontotemporale. La terapia genica, mirata a correggere il difetto genetico, è la strategia d’avanguardia per le forme di SLA con difetto genetico noto e ha mostrato effetti molto promettenti.
Pina Esposito, Segretario Nazionale AISLA Aps – Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, ha dichiarato: “Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha fatto grandi progressi nello studio delle cause della malattia, rivelando un’importante componente genetica. Le mutazioni genetiche identificate sono responsabili del 70% dei casi familiari e di circa il 12% dei casi sporadici, sottolineando l’importanza dei test genetici per una comprensione dei meccanismi e per le implicazioni pratiche della malattia. Stiamo vivendo un momento di cambiamento nella prospettiva terapeutica, che segna l’inizio di una nuova fase nella lotta contro la malattia dopo 150 anni. La diagnosi precoce riveste quindi un ruolo fondamentale nell’accesso a trial clinici e terapie mirate. È stato scientificamente dimostrato che nel caso delle persone con SLA associata a mutazione del gene SOD1, un intervento tempestivo è cruciale per garantire il successo di queste terapie all’avanguardia. Tuttavia, in Italia l’accesso ai test genetici non è uniforme su tutto il territorio nazionale, con tempi di refertazione che in alcuni casi sono estremamente prolungati e, talvolta, senza il necessario supporto scientifico e psicologico da parte di un medico specializzato nella comunicazione dei risultati al paziente e ai suoi familiari. Questo supporto è essenziale per far comprendere il reale rischio e discutere l’impatto delle informazioni diagnostiche. È necessario che il sistema sanitario si adegui ai progressi scientifici e alle legittime aspettative dei pazienti; pertanto, AISLA chiede al Ministero della Salute di lavorare insieme a pazienti e caregiver e alla comunità scientifica per adottare linee guida nazionali che possano standardizzare i metodi di analisi e i tempi di consegna dei risultati, per evitare che si proceda con iniziative in ordine sparso a livello regionale, nonché di implementare protocolli accelerati per l’analisi delle mutazioni per le quali è riconosciuta appropriatezza. La rapida progressione della SLA richiede interventi tempestivi. Ogni ritardo nella cura può avere conseguenze irreversibili. È fondamentale garantire una presa in carico adeguata e completa che consideri sia gli aspetti sanitari che quelli sociali e psicologici, al fine di evitare che nessuno si senta abbandonato e viva nella paura. Questo implica l’attuazione di tutte le azioni e le strategie necessarie per garantire alle persone con SLA di vivere la malattia con dignità, nonostante la sua complessità e gravità. La sfida è quella di una presa in carico condivisa in modo collaborativo tra Istituzioni, clinici, ricercatori e le persone che vivono l’esperienza della malattia, compresi i familiari che se ne prendono cura”.
L’IMPORTANZA DI UNA CORRETTA TRANSIZIONE DALL’ETÀ PEDIATRICA ALL’ETÀ ADULTA: AZIONI E STRUMENTI. IL CASE STUDY DELLA SMA
L’atrofia muscolare spinale (SMA) è una patologia genetica rara complessa, caratterizzata dalla perdita dei motoneuroni del midollo spinale e del tronco encefalico, che provoca debolezza e atrofia muscolare progressiva, in particolar modo degli arti inferiori e dei muscoli respiratori. La SMA ha un’incidenza di circa 1 bambino su 10mila nati e, nella forma più grave, i piccoli non raggiungono le tappe motorie fondamentali, come mantenere dritta la testa e raggiungere la posizione da seduti. Tuttavia l’avvento delle terapie, e la presa in carico mirata, hanno modificato in questi anni e in modo radicale la storia naturale della malattia. Ecco perché la diagnosi tempestiva assume un’importanza fondamentale per proteggere lo sviluppo delle abilità funzionali nella crescita dei bambini. Grazie allo Screening Neonatale, oggi è possibile diagnosticare precocemente la SMA fin dai primi giorni di vita. E l’esperienza clinica dimostra come l’intervento tempestivo, prima che i sintomi della patologia si manifestino, offra un vantaggio concreto per il trattamento, consentendo ai bambini pre-sintomatici di raggiungere, in linea generale, le tappe dello sviluppo motorio al pari dei loro coetanei. Nonostante il parere positivo espresso dal gruppo di lavoro “Screening Neonatale Esteso (SNE)” del Ministero della Salute di inserire anche la SMA nel panel delle patologie presenti nello Screening Neonatale, i test genetici non sono ancora disponibili in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. Anche grazie ai progressi medico-scientifici intercorsi in questi anni, oggi la prospettiva di vita dei bambini e in generale delle persone con SMA è radicalmente cambiata. È quindi importante garantire che la presa in carico sia efficace durante tutto il percorso di vita, specie nelle fasi più delicate come quella del passaggio da un setting all’altro come avviene durante la transizione pediatrico-adulto che, se non ben accompagnata con una presa in carico multidisciplinare, può creare disorientamento del paziente e della famiglia e in generale il rischio di una discontinuità nell’assistenza.
“Accedere o meno allo Screening Neonatale per la SMA può fare un’enorme differenza nella prospettiva di vita dei bambini”, ha sottolineato Anita Pallara, presidente di Associazione Famiglie SMA ATS EPS. “Per questo, anche alla luce del parere positivo emesso dal Gruppo di Lavoro del Ministero della Salute su questo tema, credo non sia più accettabile che questo diritto alla salute non possa essere garantito su tutto il territorio nazionale in egual misura, lasciando alla discrezione regionale la possibilità di accedervi. Chiediamo con forza alle Istituzioni che venga affrontata con urgenza, in modo organico e uniforme, la messa a sistema dell’accesso allo Screening Neonatale. La ricerca ha introdotto le condizioni per cambiare la storia della malattia. Oggi parliamo di un’altra SMA, vediamo i nostri bambini diventare adulti, con bisogni clinici, progetti e aspettative di vita molto diversi da come potevamo sperare solo qualche anno fa. Per questo – ha proseguito Pallara – diventa sempre più importante ripensare anche ai percorsi di presa in carico nella transizione dall’età pediatrica all’età adulta, trasferendo le migliori pratiche dei centri esperti multidisciplinari a tutti i presidi clinici. Occorrono standard di cura condivisi e formazione degli operatori per accogliere una nuova generazione di giovani e adulti che vivono la malattia in modo diverso”.
Alla discussione sono stati invitati a intervenire: Francesco Saccà, Professore di Neurologia presso l’Università degli Studi di Napoli, AOU “Federico II”; il Sen. Antonio Guidi, Commissione X “Affari Sociali, Sanità, Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale” del Senato della Repubblica; il Sen. Orfeo Mazzella, Commissione X “Affari Sociali, Sanità, Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale” del Senato della Repubblica; Federica Cerri, Neurologo e Referente Area SLA Centro Clinico NeMO di Milano; l’On. Ilenia Malavasi, Commissione XII “Affari Sociali” della Camera dei Deputati; il Sen. Francesco Silvestro, Commissione X “Affari Sociali, Sanità, Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale” del Senato della Repubblica; la Sen. Sandra Zampa, Commissione X “Affari Sociali, Sanità, Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale” del Senato della Repubblica; Valeria Sansone, Professore Ordinario di Neurologia presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore Clinico – Scientifico del Centro Clinico NeMO di Milano; l’On. Maria Elena Boschi, Commissione I “Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni” della Camera dei Deputati; l’On. Ylenia Lucaselli, Commissione V “Bilancio, Tesoro e Programmazione” della Camera dei Deputati; il Sen. Ignazio Zullo, Commissione X “Affari Sociali, Sanità, Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale” del Senato della Repubblica.
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